«Non vorrei crepare no signore no signora
prima di aver assaporato il gusto che mi tormenta,
il gusto più forte; non vorrei crepare prima di aver
gustato il sapore della morte»
(B. Vian)
Presentando qualche passaggio di psicodramma analitico di A. intendiamo proprio segnalare come da una posizione viziata, la paziente, attraverso una direzione dei giochi nella cura, possa ri-trovare la sua cifra di “osso”. Ovvero, come direbbe G.W.F. Hegel, la possibile libertà dello stoico che definisce la morte “absolute herr” e non un avvenimento per incontrare l’avvolgente spirito.
- ha una trentina d’anni ed è ospite di una comunità in provincia di Roma perché, come dice lei «O ero sempre chiusa in casa o ne uscivo e combinavo casini»; «La comunità l’ho tanto voluta quando mi è stata offerta come occasione per curarmi. I miei erano più preoccupati di me che uscissi di casa per venire qui. Ho intuito che in comunità c’era un altro modo familiare, c’erano regole ben definite e cose giuste da fare».
Nel libro sullo psicodramma di G. e P. Lemoine prendiamo quanto segue: «Portare alla luce la parola – mettendola in scena con lo psicodramma analitico – significa liberare Eros da Narciso e allo stesso tempo, far sì che abbia luogo la castrazione».
A corredo le parole di S. Gaudé tratte dall’intenso testo sulla rappresentazione: «La prospettiva di una relazione, cioè la sua soggettivazione implica il fatto di poter vedere una cosa diversa rispetto al suo oggetto, alla sua immagine, cioè comporta di non misconoscere la dimensione dell’alterità […] ossia quando le condizioni di accesso alla relazione dipendono dalla castrazione».
Di seguito la scansione di alcuni giochi di A. dalla sua entrata ad oggi:
Primo gioco: il riempimento di A.
Il padre comunica alla figlia che le ha riempito di nuovo il conto bancario “banca previdenza!” – e A. dice al padre che è sempre troppo previdente per paura che lei possa finire male e aggiunge che così è sempre sotto l’ala protettiva dei genitori. Conclude il gioco nel pensiero che per non avere l’ala familiare non può che “sperperarsi” nei guai.
Secondo gioco: un primo vizio
La nonna materna torna a casa e chiede del cestino contenente le ciliege appena raccolte. A. prima cerca di cambiare discorso ma la nonna l’incalza e allora dice con grande compiacimento che le ha mangiate tutte, aggiungendo con una fragorosa risata: «Ero pestifera!».
Terzo gioco: i randagi riuniti
Durante l’estate si reca con la famiglia presso la casa in montagna. Passeggia per sentieri e si ritrova intorno una torma di cani che porta nel giardino di casa. I cani abbaiano oltremodo e A. dice che voleva nutrirli.
I vicini le impongono di far uscire i cani randagi dal giardino, dato il fastidio generato dal tanto abbaiare. A. dice che i vicini sono insensibili, lei poi essendo nel branco era come uno di loro. Conclude la scena dicendo «Icani randagi sono i più felici, ero felice anch’io quel giorno».
Quarto gioco: sono stata viziata
Con la nonna a passeggio, passano davanti all’edicola, e A. fissa l’album di Candy Candy. La nonna immediatamente glielo compra e le chiede se vuole le prime figurine e A. quasi urlando dice «Dieci pacchetti! Ne ho approfittato, m’hanno viziato». Poi in chiusura del gioco dice che doveva essere corretta per diventare adulta, altro che Candy Candy.
Quinto gioco: l’arrivo in comunità
- ricorda il colloquio con la psichiatra proponente la comunità e anche la dolorosissima perdita di familiari a lei cari, degli zii, nello stesso periodo.
Nel colloquio sono presenti ovviamente i genitori, oltre ad A. Fanno molte domande ed esprimono tanti dubbi. A. ad un certo punto del colloquio dice con voce decisa «Io voglio andarci in comunità, se resto a casa finisco sempre all’S.P.D.C, a casa o mi faccio del male o faccio del male».
Alla fine della scena afferma che quella è stata la prima scelta sensata della sua vita anche se ha capito che i genitori si sono sentiti come “morire”.
Sesto gioco: una prima misura
- esce a passeggio con l’operatrice e si ferma incantata davanti ad una pasticceria dicendo che vorrebbe mangiarsi tutto. L’operatrice dice ad A. che può con i soldi che ha con sé prendere una cosa. A. entra prende una pastarella, paga ed esce. Dice alla fine del gioco «Era buonissima, era una sola e l’ho pagata con i miei soldi!».
Settimo gioco: dalla randagia alla tartaruga
In gruppo si parla di vari animali e A. dice che recentemente ha visto da qualche parte delle tartarughe. Nel gioco osservandole si chiede come vadano in letargo e quanto siano lente, ma hanno la loro casa sempre appresso. Non le piacciono, ma pensa che hanno misura in tutto. Ora quando A. va a casa è più partecipe della vita familiare, non ha più bisogno di tante parole o di silenzi ritirati come sottolinea. Ora dipinge piccoli quadri di fiori e alla fine ci mette pure la sua firma;
Ottavo gioco: ho votato per la sindachessa
- è stata al suo paese e ha votato per l’elezione del sindaco. Sottolinea che «L’eletta è una donna». È stata dal parrucchiere per farsi un taglio che definisce più sobrio. Mette in scena il momento in cui prepara delle cose d’abbigliamento da portare in comunità, prima di partire. Dice: «Ho preso solo alcune cose. Proprio quelle necessarie. Non posso portami tutto in comunità. Mi riempirei troppo …».
Come dice A. Pagliardini, il merito dell’ultimo J. Lacan sta nell’aver evidenziato la dimensione traumatica del linguaggio; e se S. Freud ha insistito che l’evento per il soggetto è la castrazione, J. Lacan nei pressi del suo ultimo insegnare ci dice che la vera castrazione è la castrazione di godimento prodotta dal linguaggio. La faglia interna al linguaggio è che esso nasce da una perdita che c’è proprio per l’incidenza stessa del linguaggio; Pagliardini afferma che il linguaggio prende tempo e spazio attraverso una perdita ma alla pari riproduce sempre una perdita.
Il linguaggio è dunque là dove pretende di comunicare una specie di consolazione di fronte alla vita che urge. Ma il poter desiderare non può che incorniciarsi nella voglia di desiderare e non nell’onnipotenza del desiderio. Pagliardini ci dice, dunque, che il desiderio là dove gli effetti della castrazione “parlano”, non può che regolarsi nell’abituarsi a rispettare i desideri degli altri: così A. da viziata di vita che urge e/o da viziata che si ritira, preso atto che la soluzione non è quella di riempirsi ovvero soldi, ciliege, randagismo e quant’altro, sceglie lo spazio e il tempo della misura della tartaruga, di un’unica pastarella, dell’appena necessario per dare un taglio; “una sobria castrazione?”. Ri-novato alla sua esistenza; facendo i conti con un linguaggio che si presenta nella scansione dei giochi carico all’inizio del “pestifero vizio” di godimento, A. proprio da tale incipit riempitivo snoda via via la parola verso un possibile ed umanizzato discorso all’osso.
- tenta e mette in campo la sua politica del “sindacare” e si appresta a cercare di governare la sua casa, il suo abitare/si, la sua esistenza.
Mauro de Angelis
Psicologo, Psicoterapeuta, Didatta Sipsa-Coirag, Psicoanalista e Psicodrammatista analitico.
Francesco Mereu
Coordinatore assistente sociale presso il Dsm/Rm/B, formazione allo psicodramma analitico presso la Sipsa-Coirag, co-terapeuta in gruppi di psicodramma analitico condotti dal dott. Mauro de Angelis.
Francesca Bocchi
Psicologa, formazione allo psicodramma analitico presso la Sipsa-Coirag, co-terapeuta in gruppi di psicodramma analitico condotti dal dott. Mauro de Angelis.
Bibliografia
Bazzanella E. (2011), Lacan immaginario, simbolico, reale in tre lezioni, Asterios, Trieste
Benvenuto S., Lucci A. (2014), Lacan oggi, sette coversazioni per capire Lacan, Mimesis, Sesto S. Giovanni (Mi);
De Certau M. (2010), L’invenzione del quotidiano, Edizioni lavoro, Roma;
Gaudé S. (2015), Sulla rappresentazione, narrazione e gioco nello psicodramma, Alpes Italia, Roma;
Lemoine G., Lemoine P. (1973), Lo psicodramma, Moreno riletto alla luce di Freud e Lacan, Feltrinelli, Milano;
Pagliardini A. (2011), Jacques Lacan e il trauma del linguaggio, Galaad edizioni, Giulianova (Te);
Zizek S., Daly G. (2006), Psicoanalisi e mondo contemporaneo, conversazioni con Zizek, Dedalo, Bari.