Edizioni Porto Seguro, Milano, 2022
Più di una volta, in questi spazi, ci si è occupati dei lavori di Daniele Poto.
Penna singolare, fuori dagli schemi, non ascrivibile ad alcuna consorteria. Uomo libero insomma, mai irreggimentato, ripeto, nell’ortodossia editoriale e nell’ipocrisia del politicamente corretto.
Il suo ultimo libro, Veramente falso, ne è mirabile conferma.
Consta di 63 saggi/racconti nei quali l’estroversia anarchica di Poto dà il meglio di sé nel descrivere tipologie umane singolari, bislacche e stravaganti, disallineate dalla realtà. Si va dal surrogato dell’amore in rete alle distopie indotte dalla pandemia; dall’amore ai tempi del viagra alle magagne del mondo del calcio; dal desolato sopravvivere del pensionato al rispetto che il modello sociale garantisce agli abbienti; dalla censura alle canzonette degli anni ’60 al sogno americano di un pugile senza valori.
Così via per 63 bozzetti policromi, amari molti, intrisi d’ironia altri, alcuni decisamente spassosi.
Certo, perché l’autore non dardeggia con la gravità austera e noiosa del censore; non ha il piglio moraleggiante e cistifellico di un Catone contemporaneo bensì racconta con la levità disincantata che gli è propria. Il tutto poi viene filtrato dalla lente di un umorismo acuto che si soffonde tra le righe fino a creare atmosfere insolite. Il libro dunque rappresenta con maestria descrittiva situazioni che compongono l’identità italiana nello specifico, ma più in generale quella di tutto il mondo occidentale.
Le occasioni narrative spaziano da un contesto all’altro le più eterogenee possibili e sono compiute in se stesse sicché è possibile aprire il libro a caso e scegliere la lettura che più ci aggrada in quel momento. Tuttavia lo schema è legato da un sottile filo conduttore che dà il senso ultimo dell’opera: il biasimo di un presente cinico e meschino, insoddisfatto e carente di idealità.
Se avvertiamo il disagio di una deriva nichilista e della carenza di qualsiasi spiritualità, la lettura di questo libro ci riporterà a noi stessi, spronandoci – perché no? – ad esplorare nuove utopie.