2017 «Elle», un film esageratamente interessante di Maurizio Buonomo

(90 minuti, 2016)
regia Paul Verhoeven

Elle è un’intelligente sequenza di splendide esagerazioni.

Si comincia subito, proprio alla prima scena, con uno strano figuro che sembra il fratello cattivo dell’Uomo Mascherato che violenta Michelle, la protagonista del film, e lo fa senza risparmiarle un mare di botte. Lei che fa? Quando lui se ne va, riordina la casa e, tranquillamente, va al lavoro dove non si distrae nel gestire con grande lucidità quell’altro ammasso di esagerazioni costituito dagli incredibili videogiochi che la sua azienda produce.

Si va avanti e alla bianchissima ragazza del suo svampitissimo figlio nasce un bel bambino, bello ma nero e – anche questa sembra proprio un’esagerazione – nessuno si stupisce del colore del bimbo. Solo quando la nonna fa osservare, al sempre svampito figliolo, che il piccolo è un po’ troppo scuro per essere suo figlio, il neo padre si arrabbia – e questo ci può stare – ma con l’aria di chi pensa “e allora?” e senza neanche accorgersi che il suo migliore amico, nero DOC, sorride compiaciuto alla puerpera.

Michelle ha un’amante – marito della sua migliore amica, naturalmente, e anche questo ci può stare – che la tratta come una ciabatta senza che lei abbandoni mai il suo enigmatico sorriso con cui sembra voglia dirgli “stai parlando con me?”. Ma le sorprese non finiscono qui. L’ignoto violentatore si fa e si rifà vivo a più riprese lungo tutto l’arco del film sempre riempiendo di botte Michelle prima, durante e dopo la violenza sessuale in senso stretto.

Michelle ha una madre tardo-ninfomane, il che può succedere nelle migliori famiglie, ma, e questa è sicuramente un’altra esagerazione, ha anche un padre assassino. Quanti poveretti ha fatto fuori quel discolo del padre? Uno? Due? No, diciassette, tutti in una volta per portarsi avanti con il lavoro. E senza dare spiegazioni, tanto per tenersi in linea con il resto del film.

Ma l’apice delle esagerazioni si raggiunge nell’ultima scena di Elle quando Michelle scambia due tranquille chiacchiere con la moglie del violentatore, moglie molto amorosa che si rammarica – quando – non si sta qui a dire perché – il maritino non se la può più godere con Michelle come ha fatto per tutto il corso del film.

Insomma, una sequenza di esagerazioni che fanno del film di Paul Verhoeven un’opera interessantissima, intelligente, con qualche non innocente ammiccamento a Tarantino e, salendo per li rami, a Buñuel.

Isabelle Huppert, poi, è perfetta. Che splendida Fenice, dalla fragile Beatrice de La merlettaia alla travolgente femmina di Elle!

Maurizio Buonomo
Saggista su temi di economia internazionale e autore di numerosi romanzi.

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