STEFANIA PICINOTTI. APERTURA DELLA GIORNATA DI STUDIO

Dalla scrittura alla lettura: la funzione analitica dell’osservazione nello psicodramma analitico

La giornata di oggi tratta del tema della lettura dell’osservazione e della sua funzione analitica in risonanza con quanto lavorato a marzo di quest’anno.

Ho utilizzato la parola “risonanza” per introdurre l’uso di un linguaggio che si possa adattare al registro musicale, fatto di risonanza/dissonanza, ritmo, pause, linguaggio sonoro che entra nel campo della seduta di psicodramma analitico freudiano quando è il momento della lettura dell’osservazione.

Entra in gioco a fine seduta, attraverso la voce dell’osservatore, la pulsione invocante.

Da questo movimento della voce emerge una vocazione, intesa come il desiderio dell’analista che combina la vibrazione del suono con il testo scritto. È come se fosse un eco che va oltre la parola enunciata e va anche oltre l’enunciazione, dando luogo e tempo ad un fraseggio musicale che si costruisce nel qui ed ora della lettura dell’osservazione a fine seduta. Fraseggio in cui l’articolazione sintattica e grammaticale sono caratterizzate dai rapporti tra i ritmi, dall’altezza tonale, dall’armonia e dalla stonatura.

Ciò che è scritto o inscritto trova nell’oralità un suo corso, oscillando tra combinazioni coordinate e improvvisazioni. Proprio come farebbe un musicista che suonando si discosta dallo spartito e improvvisa note e variazioni sul tema, l’osservatore legge e/o improvvisa una partitura estemporanea, un’aria, si direbbe in musica, incarnata dalla voce e dal suo suono. Suono che ha un’efficacia affettiva ed emotiva pervasiva, poiché oltre ad essere un medium comunicativo primario è anche risorsa relazionale in ambito sociale.

I contemporanei di Freud, cultori dell’estetica, usavano il termine Stimmung per designare una dimensione sonora musicale, uno stato d’animo, una disposizione psichica pre-rappresentativa che, con i suoi ritmi di fondo, precede e va al di là dei contenuti rappresentativi.

In termini psicoanalitici potremo dire che la pulsione invocante trova una sua espressione nel corpo a partire dal funzionamento dell’inconscio, e, poiché caratterizzata da quell’afflato dell’anima che chiamiamo respiro, è modulata da ciò che incontra. La voce è aria e come tale, quando è intrappolata si crea sempre un nuovo varco. Le forme che può prendere sono molteplici, ma soprattutto inaspettate.

Sappiamo bene come psicodrammatisti, a proposito dei significanti, quanto una parola pronunciata con un accento diverso possa cambiare completamente il suo senso, così come l’ordine e il tono in cui è pronunciata può dare una forma piuttosto che un’altra all’intero discorso.

L’osservatore con la sua presenza silenziosa e passiva e, allo stesso tempo, attiva e partecipante, modifica il campo gruppale, poiché è coinvolto nelle dinamiche transferali che movimentano la seduta. Freud, agli esordi nel 1895, in Progetto di una psicologia, afferma in modo essenziale: «L’inconscio, attraverso il legame, prende la forma di una pluralità di configurazioni espressive rivolte ad un altro essere umano che gli è prossimo».

Il tessuto dell’osservazione è costituito quindi da tante metaletture di stampo congetturale, e «l’oggetto dell’osservazione non è mai dato, ma sempre costruito» ci ricorda Freud in Costruzioni in analisi, uno dei suoi ultimi testi del 1938.

A fine seduta, a valle di questo processo, avremo quindi o la lettura del testo da parte dell’osservatore, o una restituzione a braccio, entrambe di natura orale, caratterizzate da vocalizzi fatti di “getto”, un movimento che richiama all’oggetto stesso dell’osservazione.

Cosa arriva dunque ai partecipanti al gruppo? Quali letture saranno possibili per chi ascolta l’osservazione? Dice Racker: «Se l’analista si sforza di acquisire e mantenere una posizione di osservatore partecipe idealizzata e impostagli dal Super-Io, non sarà mai in grado di accorgersi che il paziente, attraverso le sue distorsioni transferali, può avere una percezione della posizione della funzione dell’analista completamente differente da quella che l’analista stesso crede di avere»1.

Questa dimensione ci pone un interrogativo sulla posizione analitica dell’osservatore e su cosa ci aspettiamo, come psicodrammatisti, dal nostro operato quando come un mantra affermiamo che «la funzione è quella di restituire la catena significante circolata nel gruppo punteggiando i discorsi dei partecipanti». L’osservatore appartiene al campo gruppale ed è immerso in un lavoro identificatorio, alla stessa stregua degli stessi partecipanti, lavoro che «dinamizza e organizza il gruppo a causa dello sguardo dell’altro o, meglio, degli altri che, oltre ad essere molteplici, non sono omologabili reciprocamente che ad un livello di illusione molto elementare»2.

L’osservatore assiste ad incontri mancati, ma svolge una funzione terza all’incrocio degli sguardi dei partecipanti. Quindi, come ho già esplicitato rispetto alla scrittura, penso che la lettura dell’osservazione non andrebbe intesa tanto come interpretazione, come atto analitico, ma come posizione in cui l’inconscio é taglio continuamente in atto. Il taglio non è quindi riferito alla catena significante, o al simbolico, ma è ciò che appare nell’intervallo tra i significanti circolati nel gruppo. L’interpretazione raggiunge la sua vera efficacia non nel deciframento, ma soprattutto negli effetti sul programma inconscio.

Qual’é, dunque, il valore trasformativo di questa organizzazione dei dati e di ciò che viene trasmesso nella lettura dell’osservazione? E quale responsabilità si assume colui che legge rispetto al proprio desiderio e a quello che l’altro si aspetta di sentire? A volte si rischia inconsapevolmente di “fare scena”.

Un altro elemento pulsionale che, come sappiamo, entra in gioco nell’osservazione è quello dello sguardo: che riguarda, come in balletto a due, sia il gruppo che l’osservatore stesso. Ci ricorda Borgogno: «L’osservatore è doppio poiché è colui che osserva l’oggetto e colui che osserva, al proprio interno, l’osservatore in questione». Sguardo dunque che fa segno: sia nel guardare lo svolgersi della seduta di psicodramma, sia nel leggere ciò che ci riguarda non solo nell’ascolto ma anche nei segni della propria scrittura. L’osservazione, in molti casi, viene composta in un testo fatto non solo di parole, ma di disegni, di cancellature, di disposizioni diverse nello spazio della pagina, come se tutti questi segni fossero reminiscenze di qualcosa che è stato colto e dimenticato e che restituisce attraverso la parola e la voce la superficie di una memoria leggibile.

Condensazione e spostamento stanno alla base del processo analitico e sono formazioni di veggenze, emergenti nell’ascolto dell’inconscio. Sono cinestesie e immagini uditive che si traducono in un costrutto verbale, in un figurato, in una narrazione che può prendere la strada della scrittura e dell’oralità.

In una sorta di circolarità accade di «Lavorare il linguaggio perché esso perda fiato e, da questo sfinimento esali il suo stesso limite, il suo limite non ancora massificato, fuggevolmente condensato e mostrato: un’immagine»3.

Ma davanti alla stranezza dell’immagine, in che modo il nostro linguaggio si arricchisce di nuove combinazioni e il nostro pensiero di nuove categorie? Che succede quando le parole previste vengono meno, quando l’immagine sfugge al discorso? 4

Interessante sarebbe lavorare sui processi intermedi che consentono queste rielaborazioni psicodinamiche in cui le cose vengono nominate sia secondo un modello concettuale denotativo, sia secondo una configurazione affettiva connotativa. Dunque nell’osservare avremo pre-concetti, pre-concezioni, concettualizzazioni e paradigmi teorici, che ci consentono di mettere a fuoco e di “leggere”, in senso lato, gli indicatori di natura cognitiva e affettiva che muovono la libera associazione e la cura stessa, non tanto alla ricerca di un valore di verità quanto all’individuazione di un valore d’uso.

Concludo citando Di Benedetto che dice: «L’analista, è come un interprete che traduce “i segni muti di un pentagramma inconscio” in un discorso ascoltabile, che non vuol dire svelare un mistero ma solo “farlo risuonare” assumendosene la responsabilità […] Il latente non è solo un’altra scena sotto quella manifesta, ma anche tutto ciò che sta annidato nei suoni della voce a costruire l’ordito sonoro di un discorso a venire»5.

Stefania Picinotti, Psicoanalista, Psicoterapeuta, Didatta e Presidente SIPsA.

Docente Coirag, Socio in CAOA di IAGP

Studio: Via Fidenza, 15 -00182 – Roma – Italy 

picinotti.stefania@psypec.it

Ph: +39 3498021834

Note

  1. H. Racker, Studi sulla tecnica psicoanalitica. Transfert e controtransfert (Vol. 1), p. 417.

  2. E.B. Croce, Sguardo, individuo, gruppo, 1990, p. 98

  3. F. Borgogno, L’illusione di osservare, 1978, p. 34.

  4. G. Didi-Huberman, Gesti d’aria e di pietra. Corpo, parola, soffio, immagine, 2006, p. 44.

  5. A. Di Benedetto, Prima della parola. L’ascolto psicoanalitico del non detto attraverso le forme dell’arte, 2000, p.58

Bibliografia

BORGOGO F. (1978), L’illusione di osservare: riflessioni psicoanalitiche sull’incidenza del soggetto nel processo conoscitivo, Torino, Giappichelli, (Prefazione di F. Fornari).

CROCE, E. B. (1990), Sguardo, individuo, gruppo, in Il volo della farfalla, Roma, Borla.

DI BENEDETTO A. (2000), Prima della parola. L’ascolto psicoanalitico del non detto attraverso le forme dell’arte, Franco Angeli, Milano.

DIDI-HUBERMAN G. (2005), Gesti d’aria e di pietra. Corpo, parola, soffio, immagine, Diabasis, 2006.

FREUD S. (1895), Progetto di una psicologia, in OSF, vol. I, Boringhieri, Torino 1967.

FREUD S. (1938), Costruzioni in analisi, in OSF, vol. XI, Boringhieri, Torino 1979.

RACKER H. (1970 ), Studi sulla tecnica psicoanalitica. Transfert e controtransfert , Armando Editore, 1991.

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