CENTRO DIDATTICO S.I.Ps.A – ALESSANDRIA

La voce che narra

Come tra-durre quanto avviene in seduta?

Lo scritto nel tempo della seduta è un canovaccio cui si tratta di dar vita, a volte un testo, più spesso un pre-testo.

La narrazione è una sintesi nell’analisi, tuttavia, è metaforicamente come un fiume, che si dipana in mille rivoli per poi ritrovarsi a valle unito.

La scrittura è lineare e messa su un foglio con segni discreti e bidimensionali: una parola dopo l’altra.

La lettura o la narrazione si arricchiscono di corporeità: intonazione, prosodia, espressività corporea di chi legge o narra e si presenta nella tridimensionalità.

Non solo la voce è corpo, ma è corpo di fronte allo sguardo del gruppo: allora tonalità, intensità, pause entrano in gioco insieme con il corpo prima fantasmatico dell’osservatore.

Una recita a tempo, che rende l’osservatore protagonista per un breve momento.

Il tempo della scrittura segue quanto accade nel gruppo, è il tempo del gruppo, un’ora e mezza o due…

Il tempo della narrazione è il tempo di chi legge e colui che legge e/o narra diventa a sua volta osservato.

È un tempo ridotto: pochi minuti come la narrazione di un film che comprime la sequenza degli eventi, li de-forma, ne taglia alcuni aspetti, ne esalta alcune figure su uno sfondo scelto, tratteggiato o dipinto come il fondale delle sceneggiature teatrali.

Quando si scrive si è osservatore silente, quando si legge o si narra si entra in gioco anche con la propria voce e il proprio movimento corporeo: il corpo dell’osservatore narrante si espone in un movimento e in una posizione che prende il centro.

Nel cambiamento dell’oggetto dell’osservazione si attiva un altro registro e l’osservatore con la sua presenza modifica ulteriormente il campo.

Il “gioco” di ascolto/osservazione di un altro punto di vista, quello di chi ha osservato, sollecita chi ascolta, a cambi di prospettiva e ad aperture. Le prospettive si incontrano e incrociano tra la memoria e l’ascolto, come attori che si muovono tra punti differenti del palcoscenico.

L’osservatore entra in gioco, ma non ha interlocuzione se non con sé stesso, un gioco prima interiore di affetti, associazioni e pensieri che deve riuscire a trasferire al gruppo, tra-durre per poi trasferire secondo il percorso della relazione contro-transfert- transfert.

Attenzione, però, al narcisismo della lettura se il gioco rimane con sé stesso e distante dal sentire del gruppo.

L’attore/lettore non deve curarsi del “bel componimento”, ma fare da specchio al pensiero del gruppo, narrare con piuttosto che narrare per.

Qualche volta come narrazione si usa un luogo terzo fatto dall’osservazione di un film, di una favola, di un racconto per permettere al gruppo che ascolta aperture di altri “file” che a loro volta possono aprire ad altri mondi affettivi.

Le altre voci, per la prima volta in seduta, tacciono: c’è spazio solo per il silenzio e l’ascolto.

La voce dà un senso all’azione, un senso non compiuto, insaturo, che risuona nel gruppo.

La voce è essa stessa azione, con i suoi rallentamenti, con gli inciampi, a volte i lapsus, le pause, i toni che riempiono le parole di affettività.

Allora solo così la voce diviene il porta-voce e l’interpretazione analitica può essere compresa.

In questa dinamica gruppo – osservatore, il conduttore dove si colloca? Ascoltiamo una voce:

«Quando penso alla lettura dell’osservazione nei gruppi di psicodramma, la prima immagine che arriva alla mia mente è quella della collega co-conduttrice nella restituzione finale di una seduta.

La conduzione di un gruppo di psicodramma in coppia mi porta, quando ho il compito di animare, il piacere di affidare alla collega, a sedute alterne, quel tirare le fila’ finale che consente di rivivere i passaggi del gruppo come una storia. Viceversa, quando ho il ruolo di osservatore, avverto forte la responsabilità di far cogliere quei significati che il gruppo ha saputo portare a galla e, quasi magicamente, inanellarli in una catena associativa che costruisce la storia individuale e comune del gruppo.

I genitori, attraverso l’accompagnamento delle proprie parole, riescono a dare significato alle azioni e ai vissuti del proprio bambino permettendogli di iniziare a pensarsi nell’ambito delle proprie esperienze.

La dimensione della rêverie che l’atto della lettura dell’osservazione di un gruppo di psicodramma include è pienamente paragonabile a quella funzione genitoriale che, attraverso il contenimento delle parole che spiegano ed accompagnano gli atti ed i passaggi dei bambini, permette loro di crescere. Penso che il gruppo sia come un bambino che per crescere, consolidarsi e svolgere la sua funzione terapeutica ha bisogno di sentir narrata la propria storia».

Concludiamo il nostro intervento con alcune immagini dell’artista alessandrina Daniela Alini che testimoniano di una narrazione senza voce e di un percorso di osservazione della natura che si avvale, nel momento in cui la rappresentazione diviene comunicazione all’Altro, di strumenti e tecniche differenti, attraverso un cammino in cui lo spettatore che guarda l’oggetto diviene attore di una trasformazione.

Un tracciato che può sinteticamente raffigurare per immagini la complessità della funzione osservativa e la pluralità dei punti di vista dell’osservatore contemporaneamente dentro e fuori dal mondo (gruppo) osservato.

La prima immagine, Porticciolo greco, è un acquerello che si avvale di tecniche consolidate ed è lo stile personale dell’artista a produrre gli effetti morbidi e velati di un paesaggio realistico.

Daniela Alini, Porticciolo greco

 

Nella seconda, Natura mirabile, l’artista utilizzando tecnologie “miste” quali computer e fotocopiatrice e trasferendo il toner su fogli di cartoncino o su legno, conferisce ad una immagine naturalistica una suggestione onirica, un punto di mezzo fra astrazione e figurazione


Daniela Alini, Natura mirabile

Nella terza, Anamorfosi, l’immagine distorta dalla interposizione di un recipiente si presenta allo sguardo con una prospettiva completamente diversa, con un effetto illusorio in cui l’oggetto originale viene riconosciuto solo modificando il proprio punto di vista e/o lo strumento di lettura.

Daniela Alini, Anamorfosi

Le immagini ci rimandano alla posizione ed agli strumenti dell’osservatore in psicodramma, con un richiamo anche alle tre categorie del reale, dell’immaginario e del simbolico in cui si articola il movimento ed il pensiero del gruppo e che la rappresentazione pittorica può esprimere.

 

Bibliografia

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